Palazzo Grimani, forse il più curato e iconico di Venezia, imperdibile anche solo per gli affreschi, le architetture, i fregi.
Se a questa eccelsa visione si aggiunge il conturbante video di Wael Shawky, artista già presente nel Padiglione egiziano ai Giardini e un dialogo tra Tintoretto e Giovanni Grimani con l’arrivo del suo ritratto, di cui Venetian Heritage e Colnaghi sono lieti di presentare la mostra dossier, il gioco vale la candela.

Tintoretto e Giovanni Grimani – Ritratti a confronto è dedicata alla ritrattistica del patriarca di Aquileia. E’ inserita nel percorso di valorizzazione e promozione delle collezioni del palazzo. A partire dal 2019, riallestendo la Tribuna Grimani e la Sala del Doge, si è aperta la collaborazione tra la Musei Veneto e Venetian Heritage.
Altri due dipinti del padre Jacopo Tintoretto, testimoniano lo sviluppo iconografico dell’effige del prelato veneziano tra la seconda metà del XVI secolo e i primi anni del XVII. Questo esempio testimonia come una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, che insieme concorrono alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale, sia possibile.

Oltre che un interessante dialogo tra antico e moderno, rilettura di storia e sua interpretazione, come accade nel video di Shawky su Pompei, l’Egitto, il mito di Gaia le sue iconiche, reali e dismorfiche narrazioni
Piccolo olio su tavola raffigurante il Ritratto del patriarca Giovanni Grimani, recentemente riscoperto in collezione privata dalla Galleria Colnaghi. Esposto per la prima volta pubblico, la tavola realizzata da Jacopo è modello per l’esecuzione del Ritratto del patriarca di proprietà della Schorr Collection. Questo è in mostra. Così come il noto Ritratto di Giovanni Grimani conservato al Rijksmuseum di Amsterdam, corredata da un volume di Marsilio Editori, riccamente illustrato da cui emerge una lettura aggiornata con cui l’immagine del prelato veneziano è andata definendosi. Attraverso il suo ritratto, le vicende biografiche, il contesto storico-politico, le questioni iconografiche e iconologiche e il rapporto di committenza con Tintoretto.
Il progetto espositivo, a cura di Toto Bergamo Rossi, Daniele Ferrara e Valeria Finocchi.
Alle Gallerie dell’ Accademia dove, nonostante la chiusura delle magnifiche sale di Carpaccio e il restauro di gran parte del museo, la mostra dal titolo, Affinità Elettive inserisce, tra i capolavori di vari secoli, davvero imperdibili, opere contemporanee. Tra Cezanne e Matisse, molte sono di Picasso. Ad essa, accorpata al piano terra, anche la mostra di De Kooning, che dagli anni 70 non era più stato esposto a Venezia.
Da Pinault a Punta della Dogana, imperdibile la grande mostra di Pierre Huyghe. Essa lascia esterrefatti nelle combinazioni tra umano e disumano, incroci di intelligenza artificiale, genetica che portano lo spettatore, al buio, a riconsiderare il cosiddetto ‘sviluppo umano’ e i suoi embrioni.
Lontano dall’addomesticamento che ci vuole in serie e tutti non pensanti, il geniale artista seduce con Luminal in molti modi diversi. Un pò Ex – Machina un pò Metropolis il fascino del cinema, della fantascienza dei suoi robot antropomorfi pervade di sicuro Huyghe. Che poi pervade noi.

In “Idiom”, ad esempio delle sofisticate maschere sono in grado di captare stimoli esterni. Indossate da protagonisti semi umani, prototipi fantascientifici che compaiono fra le sale di Punta della Dogana, essi generano una lingua inedita in grado di autogenerarsi.
“Camata”, allude invece ad interventi nel deserto di Atacama, eseguiti da grandi robot su uno scheletro umano, in Cile. Spiazzante l’incrocio tra umano perito e robot vivente. La giusta fine che ci spetta.
Davvero un’esperienza, quella che l’artista parigino lascia a chi si fa guidare. Tutto esclusivamente al buio, come ad indicare la ricerca e il ritrovamento dei proprio infallibile sesto senso.
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