Stagione n. 159 in Sala Verdi, Giovedì 13 giugno 2024, ore 20:30
Un grande finale sinfonico, con Daniele Gatti e l’Orchestra Mozart per la chiusura della 159ª Stagione del Quartetto.
In programma la Prima, Seconda, e la ritmata, anisocorica Settima sinfonia di Beethoven.
Parte de il “Progetto Beethoven” (2022-2024) che il Quartetto realizza in collaborazione con Accademia Filarmonica di Bologna e Associazione Ferrara Musica, prevede l’esecuzione integrale delle nove sinfonie in tre anni.
Daniele Gatti e l’Orchestra Mozart
La 159° Stagione del Quartetto si conclude con il terzo concerto sinfonico in cartellone
Daniele Gatti ritorna quindi in Sala Verdi sul podio dell’Orchestra Mozart per dirigere le Sinfonie n. 1 in do maggiore op. 21, n. 2 in re maggiore op. 36 e n. 7 in la maggiore op. 92 di Beethoven.
Si aggiungono così tre ulteriori tasselli alla ricostruzione di un’opera che, nel suo complesso, si configura come un canone nella musica occidentale.
Gatti, direttore milanese, nell’atto conclusivo, offrirà l’esecuzione dell’Ottava e della Nona, per il concerto d’apertura della 160° Stagione concertistica.
Data da annotare: 21 settembre prossimo.
Nato dalla collaborazione tra Società del Quartetto di Milano, l’Accademia Filarmonica di Bologna e l’Associazione Ferrara Musica, il concerto rientra nel Progetto Beethoven.
Accolto entusiasticamente sia da pubblico e critica di settore.
La scelta di accostare Prima, Seconda e Settima Sinfonia, come accenna Giovanni Cestino, si può spiegare perchè a livello formale, tutte e tre le sinfonie si aprono con un’introduzione lenta. Questo per la sua libertà formale si fa laboratorio e ricettacolo di nuove idee.
Nella Prima, è il luogo dello stupore. La Sinfonia si apre su una settima di dominante, e non su un accordo di tonica. Gesto memorabile che apre verso lo slancio e la novità una sinfonia che poi omaggia al massimo grado, le sinfonie londinesi di Haydn e, nel tempo lento, la Sinfonia in sol minore di Mozart.
Lungamente maturata a partire dal 1794, come dimostrano gli schizzi del tema del suo finale e quelli del suo primo tempo, l’opera è stata eseguita in prima assoluta nel 1800 al Kärtnertortheater. La fase di affermazione dell’autore coincideva con quella della nascita di uno stile pienamente beethoveniano.
La luminosità della sua tonalità di impianto si traduce in un umore complessivo solare e brioso che si manifesta sin dal suo primo tempo, Adagio molto – Allegro con brio, sulle note di una sorprendente introduzione lenta e di accordi insoliti che destano l’attenzione.
Il secondo movimento, Andante cantabile con moto, è un grazioso tema con variazioni.
Mentre il terzo movimento, Minuetto: Allegro molto e vivace – “primogenito della famiglia d’incantevoli burle” nelle parole di Berlioz, che ne intravedeva già la nuova fisionomia- sfida le convenzioni del minuetto tradizionale con il suo ritmo vivace.
Il finale, Adagio – Allegro molto e vivace, è caratterizzato da un tema vivace che conclude la sinfonia in modo brillante.
Composta tra il 1801 e il 1802, sulla base dei taccuini di lavoro, la Sinfonia n.2 venne completata nell’estate durante la villeggiatura trascorsa a Heiligenstadt. Fu presentata al pubblico della capitale, al Teatro an der Wien, nel 1803, sotto la direzione dell’autore, in un concerto tutto di musiche originali.
Il contesto personale in cui la Sinfonia veniva alla luce è doloroso. L’autore iniziava a confrontarsi con la sua crescente sordità, la decisione di abbandonare la carriera concertistica, il rifiuto amoroso.
In questo caso quello inflittogli dalla Contessina Giulietta Guicciardi.
Cionostante l’opera è pervasa da un’atmosfera di energia e ottimismo. Persino nei tratti del finale che l’Allgemeine Musikalische Zeitung descriveva nel 1804 come “troppo bizzarro, selvaggio e rumoroso”.
Il primo movimento, Adagio molto – Allegro con brio, presenta una lunga introduzione lenta. E’ seguita da un allegro dinamico e potente in cui una quantità di idee – come in una “improvvisazione per orchestra” (Paul Bekker).
Talvolta solo di brevi accenni, ma tutti di plastica evidenza, si stipano nella pagina in preda a un vero entusiasmo costruttivo.
Il secondo movimento, Larghetto, è un lirico contrasto con il suo carattere cantabile e melodico, tutta fatta di materiali “settecenteschi”, che tuttavia nelle loro venature quasi avvertono un brivido di malinconia.
Il terzo movimento, Scherzo: Allegro, è un’esplosione di energia che mostra il lato più vivace e giocoso di Beethoven, puro ritmo di geometrica economia di linee.
Infine, l‘Allegro molto del quarto movimento chiude la sinfonia con un’esplosione di vitalità, giocosa. Esso è messo a soqquadro da una vena umoristica turbolenta.
Nata tra il 1811 e il 1812, e animata da un graduale e irresistibile crescendo d’intensità metrica, la Settima Sinfonia dovrà attendere l’esaltazione di Wagner. Questo contrastò le iniziali accuse ricevute, di stravaganza ed eccesso, per giungere alla consacrazione.
«Questa Sinfonia è l’apoteosi stessa della danza, è la danza, nella sua essenza più sublime, la più beata attuazione del movimento del corpo, quasi idealmente concentrato nel corpo», scriveva nel 1849 ne L’opera d’arte dell’avvenire. Fu eseguita per la prima volta nel 1813 nella sala dell’Università di Vienna, in una serata a beneficio dei soldati austriaci e bavaresi feriti nella battaglia di Hanau dell’ottobre precedente.
Accostata a due Marce di Dussek e di Pleyel e alla Sinfonia “a programma” La battaglia di Vittoria, scritta da Beethoven per celebrare la vittoria di Wellington contro i francesi e ricevuta con calore immediato dal pubblico della serata. Essa fu invece inizialmente accolta con scetticismo e freddezza.
Il primo movimento, Poco sostenuto – Vivace, inizia con una introduzione maestosa e conduce a un vivace allegro, richiamandosi alle ultime Sinfonie di Haydn, alla K. 543 di Mozart, alle Sinfonie n. 1, 2 e 4 dello stesso Beethoven.
La sua trasformazione nel Vivace, attraverso la microscopia di una sola nota ripetuta, è una di quelle invenzioni irripetibili. Infatti Beethoven non scriverà più introduzioni lente in questo spirito.
Il secondo movimento, Allegretto, è uno dei movimenti più celebri di Beethoven. Esso è caratterizzato da un tema semplice e malinconico che si sviluppa in una complessa variazione. Incorniciato da due accordi degli strumenti a fiato in la minore, il movimento trasfigura il pathos della confessione in una melanconia distaccata. E’ come lasciata in sospensione dalla pulsazione che non si interrompe nemmeno nel dolcissimo intermezzo in tonalità maggiore.
Il terzo movimento, Presto, è un esuberante scherzo in cui l’accelerazione ritmica riprende il sopravvento, appena arginata da un più sereno Trio. Il finale, Allegro con brio, è una celebrazione di energia sfrenata.
Il tema principale Beethoven lo porta a conclusione, assieme a tutti quegli aspetti trascinanti, bacchici, messi in luce da Wagner. Nemmeno il gusto moderno, passato attraverso nuovi scatenamenti, riuscirà mai a sottrarsi.
Il finale è stato celebrato con un’ovazione del pubblico. Quest’ultimo in piedi, ammaliato non solo dalla potenza della settima, ma anche dalla consistente bravura di esecuzione interpretazione di Gatti e la sua Orchestra
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