di Gaia Serena Simionati

“Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane”. Anche alla Mostra del Cinema

MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA80

Sarà che il giorno dell’inaugurazione è morto quel piccolo essere geniale che tutti conoscevano nel mondo del cinema e dell’arte col nome di ROTHKO. Parlo della mia piccola e diciottenne JACK RUSSELL TERRIER.

Rothko dog  Venice film festival dogs

Sarà che anche a causa di un tale momento storico fatto di brutture si diventa più vulnerabili e sensibili e si preferiscono gli animali alle cattiverie degli uomini.

Sarà che la sua presenza aleggia, ma quest’edizione della Mostra del cinema di Venezia 80, è ricca di cani ovunque nei film. E, con essi tante lacrime.

Non solo le mie, a fiumi, ma anche quelle degli spettatori nel vedere il rapporto che lega cani e uomini.

COMANDANTE, IL FILM ITALIANO DI APERTURA DELLA MOSTRA DEL CINEMA

A partire dal Jack Russel Terrier che stranamente fa parte dell’equipaggio del sommergibile in Comandante, il film di apertura. La storia vera di Salvatore Todaro, che salvò i nemici da un naufragio certo, il lungometraggio di Edoardo De Angelis affonda sul grande schermo il sommergibile Cappellini della Regia Marina, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il kolossal si apre con una citazione. “In mare, siamo tutti alla stessa distanza da Dio, a distanza di un braccio. Quello che ti salva”.

E funge da monito sulle leggi del mare, più forte di ogni guerra

I 100 CANI DI DOGMAN ALLA MOSTRA DEL CINEMA

Mostra del cinema Dogman la locandina

Dio è molto presente anche nel capolavoro di Luc Besson, Dogman in cui, il giovane protagonista, sopravvissuto a una famiglia disfunzionale e violenta, dopo essere stato tenuto in gabbia fin da piccolo, si accompagna, nella sua esistenza infelice, con 100 cani.

“Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane”.

Questa importante e vera citazione di Alphonse de Lamartine apre il primo film internazionale in concorso. Identità, radici, genere, sofferenza, amore. Di tutto questo narra Dogman, che in modo altamente sofisticato e spettacolare presenta Douglas, un dropout che attraverso l’amore per i cani, cerca di sopravvivere.

 CALEB LANDRY JONES, UN’INTERPRETAZIONE DA OSCAR

Parrucca bionda.

Viso pallido.

Grandi labbra carnose su cui si adagia non solo un rossetto cremisi à la Marilyn Monroe, ma anche un ghigno simile a Joaquin Phoenix di Joker.

Persino nelle maschere indossate, e nei suoi numerosi travestimenti, Douglas è un attore eccezionale che corrisponde al nome di Caleb Landry Jones.

Sublime, iconico con degli occhietti, come quelli dalle ciglia rarefatte e distanti alla Koihci Zenigata di Lupin.

Altro che Favino, in preda ad un delirio onanistico, che, oltre ad essere sovraesposto e sopravvalutato – per fortuna solo nel Bel Paese – si lamenta che gli attori americani gli rubino i ruoli (Adam Driver in Ferrari).

Gli consiglierei invece di fare più Pilates o Yoga per sbloccare il corpo poco plastico. Oppure stare a casa due annetti a leggere qualche libro dal Titolo: “come si diventa un grande attore: all’estero!”

Mostra del cinema Dogman Lupin

Già vincitore a Cannes per la miglior interpretazione maschile, grazie a Nitram di Justin Kurzel, il protagonista, con la sua incredibile performance, vale anche da solo il film. Specie quando incarna, con molta più femminilità di me, (ma li ci vuole poco), Edith Piaf cantando Hymne à l’amour o Marlene Dietrich e Lili Marleen.

Semplicemente da pelle d’oca.

Amante dell’arte, dei libri, della trasformazione, di Shakespeare e vero sopravvissuto, lo vediamo nella sala interrogatori di una stazione di polizia, di fronte a una giovane ispettrice interpretata da Jojo T. Gibbs.

Lo spettatore viene continuamente fuorviato dalle prime impressioni che non corrispondono mai alla realtà e alle verità che il film ci racconta.

Besson spinge quindi l’umanità ad andare oltre e, forse, a giudicare meno, così spiazzando tutti alla grande.

LA TRAMA

L’infelice di Lamartine è qui Douglas. Un ragazzino gettato nella gabbia dei segugi da un padre violento in un angolo remoto degli USA. Il trauma vissuto, di cui Douglas porterà addosso le conseguenze per tutta la vita, lo rende un giovane che vive circondato da un’orda di cani, verso cui ha sviluppato un enorme amore.

Il regista in conferenza stampa racconta che l’ispirazione per Dogman è scaturita da un articolo su una famiglia francese che ha rinchiuso il proprio figlio in una gabbia quando aveva cinque anni. Questa storia lo ha fatto interrogare sull’impatto che un’esperienza del genere può avere su una persona a livello psicologico. 
“Come riesce una persona a sopravvivere e a gestire la propria sofferenza?”, ha commentato Besson.

“Con Dogman ho voluto esplorare questa tematica. La sofferenza è uno stato che accomuna tutti noi e il solo antidoto per contrastarla è l’amore. La società non ti aiuterà, ma l’amore può aiutare a guarire. È l’amore della comunità di cani che Dogman ha fondato a fungere da guaritore e da catalizzatore”.

ADAGIO CON SERVILLO ALLA MOSTRA DEL CINEMA

E poi c’è il cane del veterinario che ricuce il protagonista poliziotto corrotto nell’Adagio romano. Quello che chiude la trilogia di Stefano Sollima, il quale parte bene, ma si perde nell’andamento. Rapporto di padri e figli, lo script involve e non convince del tutto.

MAESTRO DI BRADLEY COOPER ALLA MOSTRA DEL CINEMA

Si festeggia anche la Giornata del cane. Uno Snoopy gigante che si palesa in giardino e passa assieme al festoso Border Collie di Bradley Cooper che interpreta e dirige Maestro.

Il film narra la vita affettiva e sessuale, controversa e confusa di Leonard Bernstein, tratta dai ricordi e dal libro della figlia Jamie. Purtroppo il film rimane piatto nella psicologia e vita recondita dell’artista.

Stranamente nemmeno le musiche sorprendono, pur avendo a disposizione un repertoire enorme. Non si è colta questa opportunità, come invece era avvenuto in a Star is born dove, la colonna sonora concorreva a sorreggere un film più riuscito. Seppure pop.

Bradley Cooper, Carey Mulligan

POOR THINGS DI YORGOS LANTHIMOS ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 80

Non cani veri e propri, ma incroci in POOR THINGS di Lanthimos, ad esempio un Bulldog francese con culo e gambe di gallina. Ci sono ibridi strani, come gli umani. Quelli che abitano l’universo mai banale e distorto di Yorgos Lanthimos e le sue povere creature.

La fotografia splendida, l’eleganza formale, i costumi, il setting, tutto fa faville visive. Dal bianco e nero al colore. Dal dentro al fuori, ovattato in una visione convessa. Come nell’Autoritratto di Parmigiano allo specchio, già usato in La favorita.

Qui Lanthimos inscatola però una storia un pò vuota e un pò tirata per i capelli. Quelli lunghissimi di Emma Stone

POOR THINGS , Lanthimos Mostra del cinema di Venezia

Tonnellate di boiserie bianche e porte perfette. Arredi sontuosi, la casa d’asta Art Curial., arte, Parigi e comme d’habitude fiumi di Champagne. Nel nuovo e stranamente gradevole film di Woody Allen, Coup de Chance un altro Jack Russell Terrier si palesa al. bar dove i due fedifraghi si incontrano per amoreggiare e progettare la loro fuga.

Invece è un bit bull a terrorizzare il bravo protagonista, un invecchiato Micheal Fassbender, in The Killer il nuovo film di David Fincher. Il film, che parte benissimo con elucubrazioni statistiche e filosofiche per la prima mezz’ora, diventa poi un pò troppo prolisso nelle varie uccisioni in cui ovviamente si cimenta uno che fa il killer.

Niente di più logico e forse di più lapalissiano.

In The Palace è invece un piccolo e nero chihuahua a emergere tra i cani attori. Mal nutrito da una sempre splendida, ma distratta Fanny Ardant, purtroppo per le cameriere del famoso hotel a Gstaad dove è solito soggiornare Polansky, li ispirato, il simpatico canetto riesce a defecare sulle preziose lenzuola di satin.

Il film è amaro. Sembra la versione lussuosa di vacanze di Natale de noialtri, in cui bruttezza, egotismo, musei delle cere, visi superplasticati, russi cattivi con stuolo di stangone, bellone sguaiate, la fanno da padroni su un mondo che già nella realtà è mostruoso. Ribadirlo al cinema diventa paradosso e pura cattiveria.

E se in The Killer l’attacco è del pitbull, in Hit man di Richard Linklater, tragicomica e divertente storia di un finto sicario, l’amore per i gatti del protagonista bipolare e scisso, cede il posto, a quello per i cani fomentato dalla compagna.

Una serie di dialoghi sagaci, uno script arguto, rendono l’ora e 30, peraltro costellata da vari cani che sono anche la svolta per il primo appuntamento tra i due protagonisti, una divertente e spassosa performance di tutti gli attori.

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TO BE CONTINUED…