di Gaia Serena Simionati

In cartellone Il grande dittatore del 1940, ovvero la prima avventura di Charlie Chaplin nel cinema sonoro, messaggio di pace, ieri come oggi, diretto da Timothy Brock

Eseguita dalla Orchestra Sinfonica di Milano, la colonna sonora dal vivo accompagna il film in lingua originale con sottolititoli in italiano

La musica del film

Come nella maggior parte dei suoi film precedenti, per Il grande dittatore Chaplin passò mesi a comporre la colonna sonora. Come sempre, fu il più spietato critico di sé stesso, scartando quasi due terzi del totale che aveva
composto.

Ardente ammiratore e profondo conoscitore della musica sinfonica classica, Chaplin compone quello che identifica al meglio i personaggi e le situazioni raccontate. Come nel caso del triste tema ricorrente, per le scene in cui il personaggio del barbiere è più vulnerabile e abbattuto; un valzer stravagante e surreale, quando quest’ultimo viene accidentalmente colpito alla testa da una padella. Poi una danza di ispirazione ebraica. E ancora, una rigorosa linea a base di marce militari, musica da parata e tableaux musicali pseudo-greci per rappresentare il parodistico Adenoid Hynkel. Inoltre a una marcia di tarantella per accompagnare la scena dell’arrivo alla stazione ferroviaria di Benzino Napaloni (la parodia di Benito Mussolini). Insomma, una colonna sonora meravigliosa che racconta quasi da sola la pellicola e tutta le genialità multiverso di Chaplin.


Il grande dittatore
Chaplin ridicolizza Adolf Hitler ne Il grande dittatore (1940)


Il grande dittatore (1940) fu il primo film completamente sonoro di Chaplin, girato e distribuito negli Stati Uniti poco prima dell’entrata nella Seconda guerra mondiale.

Nel film Chaplin interpreta due personaggi: Adenoid Hynkel, il dittatore di Tomania, esplicitamente ispirato ad Adolf Hitler, e un barbiere ebreo perseguitato dai nazisti.

Dopo la guerra, quando l’internamento e lo sterminio degli ebrei furono noti, Chaplin dichiarò nella sua autobiografia che non avrebbe realizzato il film se solo avesse potuto immaginare cosa sarebbe accaduto nei campi di concentramento, asserendo che «non avrebbe potuto prendere in giro la follia omicida dei nazisti».

Ultima apparizione del vagabondo, il film ebbe cinque candidature agli Oscar, come miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura, ma non vinse alcuna statuetta.

La pellicola fu anche una sfida coraggiosa al più potente dittatore dell’epoca, Adolf Hitler, dal quale Chaplin era diviso anagraficamente da soli quattro giorni.

Nati a soli 4 giorni di distanza, 16 e 20 aprile 1889, le loro vite non possono apparire più distanti. Uno sotto l’egida della risata e del bene empatico. L’altro dirottato verso il male e la distruzione del prossimo. Eppure neThe great dictator i due si avvicinano e si sdoppiano e il geniale Chaplin reitera il pessimo dittatore in un capolavoro di ironia assoluta, denuncia e visionarietà.

L’imitazione caricaturale sottolineava i toni e gli atteggiamenti del Führer, come nel discorso alla folla, completamente improvvisato e girato in un’unica scena. Chaplin si avventura in un tedesco improvvisato e cattivissimo che gli genera auto-intosscazione da tosse da quanto è cattivo nel pronunciare una lingua non proprio dolce. Le risate sono totali. Ma anche enorme il messaggio di pace !

Ecco il discorso finale, purtroppo attuale più che mai

Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non è il mio mestiere. Non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile. Ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci, sempre. Dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca, e sufficiente per tutti noi.

La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca a far le cose più abiette. Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà. La scienza ci ha trasformato in cinici, l’avidità ci ha resi duri e cattivi.

Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità. Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità, la vita è violenza e tutto è perduto. (Pausa) L’aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti. La natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell’uomo, reclama la fratellanza universale e l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini… disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono io dico: non disperate. L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l’amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.

E nel film imperversano inoltre intuizioni assurde e geniali, assicurando due ore di riflessione e risate continue. Una su tutti? Memorabile, oltre che fortemente rappresentativa, la scena nella quale il dittatore danza con il mappamondo sulla musica del preludio del Lohengrin di Richard Wagner.


Curiosità sul film


New York fu la città prescelta per la presentazione del film. Anche gli Stati Uniti si confrontarono infatti col clima violento della destra, ma più al sicuro rispetto all’Europa.

La realizzazione vide l’eclissarsi del rapporto sentimentale tra Chaplin e Paulette Goddard, in procinto di chiedere il divorzio. Inoltre nel dicembre del 1939, durante la lavorazione, Chaplin apprese della morte improvvisa dell’amico Douglas Fairbanks, che soltanto un mese prima gli aveva fatto visita sul set.

Egli rimase sconvolto per la perdita del «solo vero amico che abbia mai avuto», come ebbe a dire Chaplin. La ferita fu cosi profonda che spense per sette anni la capacità di far ridere gli altri, interrompendo del tutto l’attività cinematografica .

Anche i saltimbanchi piangono

To read more on Music, Cinema, Theatre and Art from Gaia Serena Simionati