Presentato prima a Locarno e poi Fuori Concorso al 41Torino Film Festival, Il geniale ‘Yannick’ di Quentin Dupieux, fa riflettere sull’identità e paternità della scrittura, il valore di un’opera d’arte e il suo significato intrinseco.

Di chi è un’opera e chi la può concepire? Lo spettatore ne modifica l’assetto, guardandola, come avviene in fisica quantistica?
O deve stare letteralmente fermo ad assorbire ciò che è proposto, anche se la qualità è indegna?
Nessuno inganna il proprio fallimento, dice Capuano all’aspirante artista regista, Fabietto, in E’ stata la mano di Dio, poco dopo essersi alzato a teatro e aver insultato gli incapaci attori.
Un pò come il Capuano, regista prima, e personaggio poi che nel film di Sorrentino si alza e insulta gli attori di teatro incapaci, Dupieux con ‘Yannick’ compie la stessa rivoluzione. Rimuovendo il timore reverenziale dello spettatore, di solito silente e obbediente a ciò che gli viene proposto, dice la sua.
Accadde però anche il contrario. Servillo nel 2019 a teatro, cacciò una signora in prima fila, perché insofferente.
Ed è qui che il gioco delle parti si inverte e genera un assurdo metateatro che, a sua volta, produce arte in fieri.
Il film ‘Yannick’
Divertente, sorprendente, profondo il film, come spesso è il cinema di Dupieux, inonda peggio di uno tsunami. E confonde reiterando l’idea che anche nell’ilarità si riesca a colpire in profondità.
Oltre ad aprire indagini su altre arti, fagocita nella sua idea perenne e reiterata di Mise en Abyme. Il nome, rubato dall’araldica, inserisce lo stemma di una famiglia nobile, all’interno di quello di un’altra famiglia, generando un legame di parentela.
Di immagine in immagine, di scrittura in scrittura, si finisce come catapultati in prospettive ottiche opposte, come nei lavori a spirale di Escher.
Tra il 1760 e 1767, l’insospettabile Laurence Sterne, con La vita e le opinioni di Tristram Shandy, ha infranto le prima di tutti, le strutture diegetiche dell’opera narrativa, ribaltandone i canoni.
Chiunque abbia minime reminiscenze scolastiche ricorda poi che altri in letteratura da Cortázar a Borges e Calvino, e in pittura oltre a Escher, Van Eyck e Velázquez, da sempre si è giocato sull’idea della tecnica, che, come la metalessi, gioca con i livelli della narrazione. E li perlplime.
Ovviamente anche il cinema ha amato usare usato doppie rielaborazioni. Si pensi ad esempio a Matrix oThe Truman Show . Questo si chiama “mise en abyme”.

‘Yannick’ tra teatro, metateatro e cinema
‘Yannick’ deriva dall’ebraico Iohanan, che significa “Dio ha avuto misericordia …Come invece non ne ha il protagonista .
Con i suoi modi ironici, fuori dalle righe, ricchi di fantasia, i canoni cinematograficamente teatrali, surreali accompagnano lo spettatore in un’ora di ritmate sorprese, riflessione, frasi come macigni, dette da colui che apparentemente sembrerebbe il fool shakespeariano della situazione e che invece sfonda un muro di consuetudine. Perlopiù artistica.
Oltre che la quarta parete, se si pensasse al metodo Stanislavskij
La parola allo spettatore
Il regista sembra ammettere che da uno spettatore qualunque, che ha fatto 45 minuti di treno, più 15 a piedi, moltiplicato per due, andata e ritorno, possa esserci più voglia di dire che in quella di coloro già preposti a fare questo lavoro di scrittura/regia.
E’ qui la democratizzazione dell’arte. Dupiex offre la possibilità di aprire anche ad altri, oltre agli ‘eletti’ che spesso sfruttano un cognome, una parentela o una raccomandazione, la potenzialità di dire e fare.
Peraltro il risultato sembra ben più efficace di certe opere inutili che vengono rappresentate, che stranamente hanno pure i fondi per esistere!
Tema caro e vero soprattutto in Italia dove lavorano spesso e male solo I figli di…)
Il protagonista, Raphaël Quenard, in Yannick è eccelso, dinoccolato, assente, ma presente, folle, illetterato, ma lucidissimo. Solo con una finta violenza riesce ad imporsi. E, quindi, finally, a farsi ascoltare.
Interpretazione da Oscar che, anche sola, vale tutto il film.

Qui Dupieux con la iconica metalessi gioca a infrangere le barriere convenzionali tra i livelli della narrazione
L’arte impoverita nei contenuti, diventa sempre più parodia di sé stessa, simbolo di un’epoca sterile, spesso priva di idee intellettuali
Yannick è scritto, diretto e montato da Dupieux. Eclettico artista, noto anche con lo pseudonimo di Mr. Oizo, egli è un produttore discografico, regista che è anche musicista, oltre che operatore del film.
Uscirà in sala con I Wonder Pictures.
To read more on Music, Cinema, Art from Gaia Serena Simionati