di Gaia Serena Simionati

“L’occhio vivo” della fotografia”. 

Così, Henry Miller, caro amico di Brassaï, amava definire l’artista ungherese di nascita, ma parigino d’adozione.

Protagonista della fotografia mondiale visse in stretta relazione con artisti come Picasso, Dalì e Matisse. Fu vicino al movimento surrealista e, a partire dal 1924, ebbe un ruolo nel grande fermento culturale che investì Parigi.

Ungherese di nascita – il suo vero nome è Gyula Halász. Esso fu sostituito dallo pseudonimo Brassaï in onore di Brassó, la sua città natale

Brassaï è stato tra i primi fotografi, in grado di catturare l’atmosfera notturna della Parigi dell’epoca e il suo popolo.

Le sue fotografie dedicate alla vita della capitale – dai quartieri operai ai grandi monumenti simbolo, dalla moda ai ritratti degli amici artisti, fino ai graffiti e alla vita notturna – sono oggi immagini iconiche che, nell’immaginario collettivo, identificano immediatamente il volto di Parigi.

«Se tutto può diventare banale, tutto può ridiventare meraviglioso.

A Parigi ero alla ricerca della poesia della nebbia che trasforma le cose. Della poesia della notte che trasforma la città. Della poesia del tempo che trasforma gli esseri”.

Così si racconta, anche attraverso gli occhi del nipote, che ne ha ben curato l’esposizione che apre oggi fino al 2 giugno.

Palazzo Reale ospita la grande mostra “Brassaï. L’occhio di Parigi”, promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale, realizzata in collaborazione con l’Estate Brassaï Succession.


La retrospettiva è curata da Philippe Ribeyrolles, studioso e nipote del fotografo che detiene non solo un’inestimabile collezione, un’estesa documentazione, ma anche una serie di impagabili aneddoti su ciascuna fotografia
 
Philippe ha divertito la stampa esplorando i temi e le sale con più di 220 foto sulla Ville Lumière. Oltre a sculture, documenti e oggetti vari, offrendo un inedito sguardo, focalizzato sulla capitale francese, la sua vita intima fatta di lavoratori, prostitute, clochard, artisti, girovaghi solitari.
 

Brassaï fu infatti un artista poliedrico. Musicista, disegnatore, pittore, caricaturista, scenografo, scultore, cineasta. Soprattutto fotografo e anche scrittore.

Tutti i suoi talenti si possono scoprire ammirando le 220 opere in mostra, che restituiscono il senso della sua profonda cultura e della sua grande libertà espressiva”.


 
Nelle sue passeggiate, il fotografo non si limitava alla rappresentazione del paesaggio o alle vedute architettoniche, ma si avventurava anche in spazi interni più intimi e confinati, dove la società si incontrava e si divertiva.
È del 1933 il suo volume “Paris de Nuit”, un’opera fondamentale nella storia della fotografia francese.


Le sue fotografie furono anche pubblicate sulla rivista surrealista “Minotaure”, di cui Brassaï divenne collaboratore. Li conobbe scrittori e poeti come Breton, Éluard, Desnos, Benjamin Péret e Man Ray.
 
“Esporre Brassaï significa – afferma Philippe Ribeyrolles – rivisitare quest’opera meravigliosa in ogni senso, fare il punto sulla diversità dei soggetti affrontati, mescolando approcci artistici e documentaristici. Inoltre è immergersi nell’atmosfera di Montparnasse, dove tra le due guerre si incontravano numerosi artisti e scrittori, molti dei quali provenienti dall’Europa dell’Est, come André Kertész”.
 
Brassaï appartiene a quella “scuola” francese di fotografia definita umanista, per la presenza essenziale di donne, uomini e bambini all’interno dei suoi scatti.
Oltre alla fotografia di soggetto, la sua esplorazione dei muri di Parigi e dei loro innumerevoli graffiti testimonia il legame di Brassaï con le arti marginali e l’art brut di Jean Dubuffet.
Nel corso della sua carriera il suo originale lavoro viene notato da Edward Steichen, che lo invita a esporre al Museum of Modern Art (MoMA) di New York nel 1956.

La mostra “Language 3 of the Wall. Parisian Graffiti Photographed by Brassaï” riscuote un enorme successo.
 
I legami di Brassaï con l’America si concretizzano anche in una assidua collaborazione con la rivista “Harper’s Bazaar”, di cui Aleksej Brodovič fu il rivoluzionario direttore artistico dal 1934 al 1958. Per “Harper’s Bazaar” il fotografo ritrae molti protagonisti della vita artistica e letteraria francese, con i quali era solito socializzare.

I soggetti ritratti saranno pubblicati nel volume “Les artistes de ma vie”, del 1982, due anni prima della sua morte.
 
Brassaï scompare il 7 luglio 1984, subito dopo aver terminato la redazione di un libro su Proust al quale aveva dedicato diversi anni della sua vita.
È sepolto nel cimitero di Montparnasse, nel cuore della Parigi che ha celebrato per mezzo secolo.
 

To read more on Music, Cinema, Theatre and Art from Gaia Serena Simionati

Info Orario

Da martedì a domenica ore 10:00-19:30,
giovedì chiusura alle 22:30.
Ultimo ingresso un’ora prima.
Lunedì chiuso.