“Leibniz – Chronicle of a Lost Painting” di Edgar Reitz.
Il bianco è il colore di Dio
Newton sostiene sia la somma dei color
Leibniz

Con questo saggio filosofico il regista tedesco crea attraverso la pittura e l’arte un percorso nell’anima, nella cultura e nell’intelligenza della creazione.
Sottolineando i meccanismi interni, la libertà pura che sottende all’atto creativo Reitz accompagna in una sorta di disquisizione filosofica sul concetto di bellezza e creazione.
Il film inizia il 2 ottobre 1704 data in cui la Regina Carlotta di Prussia scrive una lettera alla madre. Chiede di avere un ritratto del suo caro maestro di vita Leibniz, in modo da potergli porre, anche a distanza, i milioni di quesiti che affollano la sua mente.
Vuole in sostanza poter parlare con il suo simulacro, capendo che la sua effige può avere un valore energetico simile al reale.
Il film tedesco nella sua raffinatezza di dettagli, diretto da Edgar Reitz e Anatol Schuster parte dalla residenza e si concentra sul filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz come maestro dell’ortobotanica alla corte. Narra poi la sua genialità in relazione all’arte.

E non solo: pone domande, fa riflettere. Anche su teorie e invenzioni grandiose come le innumerevoli e diverse illuminazioni creative che ebbe l’uomo che fu matematico, scienziato, teologo, linguista, glottoteta, diplomatico, giurista, storico e magistrato. Da fisica quantistica a concetti precursori del calcolo infinitesimale, della concezione di integrali, alla calcolatrice meccanica o camera oscura rifrazione di luce.
Dal principio di ragion sufficiente (ogni cosa ha una ragione per cui esiste), a quello degli indiscernibili, alle “sostanze semplici” che compongono l’universo, le Monadi, dotate di un proprio grado di percezione (da “piccole percezioni” inconsce fino alla consapevolezza in Dio), che sviluppano con i loro processi interni, perfettamente sincronizzati, creando un’armonia universale senza che una monade influenzi direttamente le altre.
La trama ruota attorno alla commissione di un ritratto per la regina Carlotta, durante le cui sedute si sviluppa una ricerca artistica, amorosa e filosofica.
Ottimo il cast specie Lars Eidinger nel ruolo del pittore comico, ma serio faccendiere di Pierre-Albert Delalandre
Grazie all’intervento invece di una pittrice donna Aaltje van der Meer, l’interazione sulla composizione del suo ritratto prende una forma diversa dal canone tipico, si spoglia da preconcetti e canoni prefissati per andare alla monade ultima appunto. Essa dice La ragione dell’arte è l’arte stessa.
Secondo invece l’ego del pittore precedente Delalandre convito di salvare i mortali dall’oblio, l’atto del riprodurre, diviene bieca ciclica routine e pura imitazione del vero camuffato
Uno è amante dell’arte, l’altro amante della verità.
Può quindi l’arte della pittura cogliere l’essenza di una persona, chiede a tutti noi Liebniz e, con esso Reitz?
10 anni di gestazione nella scrittura del film non ci hanno ancora risposto del tutto
sinossi
1704. Regina di Prussia, Sofia Carlotta di Hannover desidera risposte profonde dell’illustre pensatore Leibniz (Edgar Selge) alle più grandi domande della vita. Per devozione commissiona un ritratto. Presto però le sedute con il pittore Lars Eidinger evolvono in ferventi dibattiti tra il filosofo e l’artista sulla natura della verità in un quadro. Si potrà mai veramente catturare l’essenza di una persona? Invece poi l’artista olandese Aaltje van de Meer, con la dedizione alla sua arte, sfida ricerca della verità di Leibniz
XX Festa del Cinema di Roma “Leibniz – Chronicle of a Lost Painting”
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