PIETRO LEEMANN, Chef e fondatore del Joia di Milano, primo ristorante vegetariano Stella Michelin d’Europa e unico in Italia, spegne 30 candeline di un successo gastronomico unico nel suo genere.
di Stefania Buscaglia
Sono passati trent’anni. Era il 29 settembre del 1989 quando un giovane chef di origini Svizzere scelse Milano per aprire un ristorante dal nome fortemente evocativo: “Joia”. Un locale innovativo, fondato coraggiosamente sul concetto di cucina gourmet vegetariana e sotto il segno dell’etica e della cultura, in un’epoca in cui la consapevolezza e la conoscenza gastronomica non erano certamente diffuse come nel periodo attuale.
Era il 29 settembre del 1989 quando Pietro Leemann dava alla luce quel progetto che oggi conosciamo come “Alta Cucina Naturale” e che, in meno di un decennio, lo ha portato a essere il primo ristorante vegetariano Stella Michelin d’Europa e l’unico in Italia.
Un successo meritato che, a trent’anni dalla sua genesi, non smette di evolversi, presentando la cucina dello chef Leemann come un modello esemplare di alta gastronomia di qualità, raffinatezza e spiritualità.
Classe ’61 e originario del Canton Ticino, Pietro Leemann percepisce a soli 15 anni il richiamo irrefrenabile della Cucina: un richiamo che lo guida attraverso i necessari apprendistati in Terra elvetica per poi condurlo nell’inevitabile culla della gastronomia Gourmet, la Francia. A metà degli anni ‘80 ha il privilegio di entrare nelle Cucine del Maestro Gualtiero Marchesi ed è sempre nello stesso periodo che inizia quel processo di consapevolezza che lo condurrà a “vivere una vita in cui riconoscersi”; si converte definitivamente al vegetarianismo, viaggia ed entra in contatto con nuove culture e filosofie orientali, in special modo quella cinese, giapponese e indiana. E se la seconda metà degli anni ‘80 rappresenta la fase della rinascita del nuovo Leemann, è a cavallo di quel decennio e di quello successivo che sembrano essere maturi i tempi per dare forma e sostanza al suo progetto. Un progetto dedicato non solo ai vegetariani, ma a chiunque desideri avvicinarsi a una cucina di pensiero che faccia bene, tocchi anima e mente e che appaghi il gusto. O, più semplicemente, a chiunque scelga di mangiare bene. Molto bene.
Dei suoi piatti è infatti essenziale declamare il gusto che, fatto salvo l’aspetto antroposofico delle creazioni, rappresenta uno degli aspetti centrali della cucina del Joia: un gusto capace di oscillare tra interessanti contrasti in cui sapori, consistenze e temperature coesistono sempre in armoniche ricette: come non menzionare l’iconico “Di non solo pane vive l’uomo”, una panzanella rivisitata in cui una sfera di pane rivestita da un perfetto pois di verdure croccanti racchiude un cuore di cannellini profumati al wasabi e viene accompagnata dai colori e dai contrasti di una maionese vegetale allo zafferano, lampone e clorofilla di prezzemolo. O ancora le zuppe, con cui lo chef Leemann cala l’asso e conquista il commensale attraverso adrenaliniche scosse di piacere, date da incessanti contrasti di gusto e temperature: da non perdere “Fratello Luna”, un gazpacho di pomodori datterini e fragola, con maionese alla barbabietola, grattachecca di anguria, daikon marinato al miso e harissa. Piatti colorati e ludici in cui la ricerca e la visione di approccio all’elemento vegetale restano unici nel loro genere: emozionante il riverente omaggio a Gualtiero Marchesi, in cui l’iconico dripping del Maestro dell’Alta Cucina Italiana, accompagna una croccante tempura denominata “La forza titanica del bene”. Titoli evocativi che esprimono quanto arte e cultura vivano tra le mura del Joia, in ogni loro forma: non è casuale che Pietro Leemann abbia scelto di celebrare il trentesimo compleanno del proprio ristorante in una giornata di festa in cui differenti forme di espressione artistica, dal cibo alla musica, dalla poesia letteratura (con la presentazione dell’undicesimo libro dello Chef) scandiranno attimi di pura emozione, condivisi con chi ha sempre preso parte a questa avventura speciale. Un’avventura di pura “Joia”.