70TFF. Tony Sperandeo a Taormina con ‘La rieducazione’ è un perfetto Totò Riina
‘La rieducazione’ al 70 Taormina Film Festival è un’ntelligente disamina di democrazia, psico-pedagogia e riabilitazione applicata al carcere.
“La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale solo quando comincia a mancare”
Piero Calamandrei pronunciò questa frase nel 1955 davanti a degli studenti milanesi. E un’altra frase del famoso giurista, chiude La rieducazione.
I suoi tre temi primari, il concetto di libertà, quello di legalità e quello di certezza del diritto, si reiterano ricomposti, rivissuti a presa diretta, nel film.
Intenso. Ironico. Macabro e utile.
La rieducazione è un film low budget che gode della grandezza di Tony Sperandeo e la regia di Aurelio Grimaldi.
Spiazzante e catartico, questa sorta di documentario teatrale, semi mockumentary, ha un indiscusso potere. Non solo mentale.
E’ ironico, dove non c’è nulla da ridere.
Macabro, poiché le morti compiute dalle stragi di mafia e da Totò Riina aleggiano.
Autentico, dato che la finzione supera la realtà, in un paese che non sa cosa sia la democrazia, ma la spaccia come fosse per assodata, certa e vissuta davvero.

L’articolo 27 della Costituzione dice che:
“La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”.
Il film punta sulla rilettura accurata di questo importante articolo, spesso ignorato della costituzione.
Avvalorato anche dalla frase finale del film dove Calamandrei afferma che la civiltà di un popolo di vede dal mondo in cui gestisce e tratta i suoi carcerati.
Inoltre con questo principio si dovrebbe stabilire anche la finalità della pena, cioè quella della rieducazione. Ogni carcerato dovrebbe essere rieducato, secondo il regista.
Occorre fare in modo che, una volta scontata la pena, lo stesso possa reinserirsi nella società. Quella stessa che in qualche modo lo ha spinto ad agire male, non gli ha dato opportunità di studio, benessere, civiltà.
Si sa benissimo che se nasci in certi quartieri di Palermo, come a Napoli, come ovunque, il destino, è a dir poco segnato.
Il regista fa profondamente riflettere tutti, anche ponendosi la domanda.
‘Giovanni, figlio di Riina, un ragazzo di 24 anni che ha ottenuto 4 ergastoli, è giusto che rimanga a vita in carcere?’
SINOSSI
In un carcere di massima sicurezza dove i detenuti sono sottoposti al regime del 41bis, uno psico-pedagogista si confronta con il boss dei boss di Cosa Nostra per una necessaria, mai attuata, rieducazione.
L’originalità di realizzazione, in cui lo spettatore è divertito, commosso, impaurito e affascinato dalla violenza espressiva di Sperandeo/ Riina e dalla sua mancanza totale di moralità, viene unita alla potenza sociologica, politica degli interessanti dialoghi che avvengono in cella tra i due.
Sprigionando a dir poco gag comiche e indimenticabili.
Il film intessuto di intelligenza e imbevuto di improvvisazione, fa riflettere su tematiche importanti e sul valore innazitutto dell’educazione.
Anche morale ed emotiva delle persone, poi culturale e infine carceraria.

La rieducazione sa quindi essere originale, incisivo, a tratti persino molto comico.
Infine, Tony Sperandeo conferma non solo la grandezza della sua interpretazione, ma soprattutto la sua eccellenza nel panorama degli attori italiani.
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