‘L’arte della gioia’ al 70 Taormina Film Festival
Un montaggio ontologicamente disordinato e capriccioso di Giogio’ Franchini, che resta sovrano, come la scrittura.
Una fotografia cristallizzante luoghi meravigliosi in Sicilia: Etna, colline verdi, asetticità monacale di celle solide e architetture di interni nobili.
Un geniale location manager coadiuvato anche dalla film commission siciliana che propone luoghi intensamente catartici che fanno la riuscita di un film.
Casting directors visionari, cioè Anna Maria Sambuco, Francesco Vedovati, Massimo Apolloni
Questi gli ingredienti speziati della ricetta di L’arte della gioia.
Infatti l’araldica selezione di facce antiche e perfette del protagonisti rendono in stretti, efficaci primi piani tutte le emozioni contenute già nel romanzo del 1976 di Sapienza, oltre che negli occhi intensi degli attori prescelti.
Quelli cerulei di Jasmine Trinca, simile a Virna Lisi e l’assoluta Valeria Bruni Tedeschi. Bravissime entrambe.
Una madre superiora. L’altra Gaia, principessa annoiata.
Oppure nei grandi occhioni nocciola della piccola protagonista poi cresciuta, Tecla Insolia che invade il video (Viviana Mocciaro da bambina) ed è Modesta. Ma solo di nome.

Oltre a una recitazione perfetta, in scambi, tempi, modalità espressive tutto il cast, dagli occhi ingiù, convoglia la potenza di un gineceo.
Dalla scrittrice donna. Alla regista donna. Alla produttrice donna, fin giù a tutto il numeroso cast, la gioia è femminile.
Qui il maschile, al contrario, non ne esce benissimo. Violento, inadatto e fragile. Seppur in ruoli e attori perfetti.
La storia, pur ambientata nell’ inizio 900, si ripete come leggiamo quotidianamente nei giornali. E nei secoli dei secoli. Amen.
Il film va a rivendicare tutta la forza di Gaia, intesa come femminile, pianeta, energia tellurica e magma emotivo, erotico. Libera da sessismo sistemico.
Tratto dall’omonimo romanzo di Goliarda Sapienza, ‘un magma’ come ha amato definirlo la potente Valeria Golino al 70 Taormina Film Festival, un gigante di emozioni di narrazione, gineceo di forza e tenacia e anche revenge, finito di scrivere nel 1976, il libro anticipava di molto la woke cancel culture di oggi.
Per questo rimase in un limbo per 32 anni, gestazione infelice prima di essere capito e prodotto anche in Italia, dopo aver trovato espressione in Germania e Francia, molto prima di Mondadori e Garzanti che ovviamente lo rifiutarono.
Questo tra l’altro pone anche un enorme accento e riflessione sulla ‘ lungimiranza’ e incapacità di scelta dei cosiddetti editori italiani.

L’arte della gioia, un romanzo finito di scrivere nel 1976, la cui prima parte fu pubblicata nel 1994 e l’edizione integrale postuma nel 1998.
Il testo è scritto per la maggior parte in prima persona (di Modesta), ma talvolta anche in terza persona, soprattutto nella prima parte. Vengono spesso cambiati i registri linguistici rendendo il tutto molto affascinante, mai banale, a tratti sconcertante
Bellissime alcune intuizioni come gli occhi accostati al mare del piccolo Tuzza. ‘Prego accomodati’ come dice il bambino, unico amico della piccola orfana, protagonista e drammaticamente precoce sessualmente.
Sono un organismo preindustriale, racconta Sapienza e il romanzo è ricco di tale autentica emotività, scevra dalle pochezze di tecnologia e robotica AI.
Alla fine cioè ciò che conta è il cuore con tutte le sue sfumature. Sia il libro che il film lo sezionano perfettamente in tutte le sue cavità.
L’arte della gioia, di cosa parla
Adattamento dell’omonimo romanzo di Goliarda Sapienza, pubblicato postumo, il dramma storico scritto e diretto da Valeria Golino racconta la vita di Modesta, nata povera e cresciuta orfana in un convento ma senza mai rinunciare alla propria libertà di pensiero e di scelta.
Modesta è nata in Sicilia il primo gennaio del 1900 da una famiglia povera, e fin dall’infanzia è animata da un insaziabile desiderio di conoscenza, amore e libertà. È disposta a tutto pur di perseguire la propria felicità, senza piegarsi mai alle regole di una società oppressiva e patriarcale. Dopo un tragico incidente che la strappa alla famiglia, Modesta viene accolta in un convento e, grazie alla sua intelligenza e caparbietà, diventa la protetta della madre superiora. Il suo cammino la conduce poi alla villa della principessa Brandiforti, dove si renderà indispensabile ottenendo sempre più potere nel palazzo.
I personaggi
Tecla Insolia (Viviana Mocciaro da bambina) è Modesta Jasmine Trinca è madre Leonora Valeria Bruni Tedeschi è la principessa Gaia Brandiforti Guido Caprino è Carmine Alma Noce è Beatrice Giuseppe Spata è RoccoEleonora De Luca è Argentovivo Vincenzo De Michele è PietroGiovanni Calcagno è Mimmo Lollo Franco è AntonioAntonio De Matteo è il padre di Modesta Alice Canzonieri è la madre di Modesta
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