di Gaia Serena Simionati

Grazia Tricarico conduce in un sofisticato viaggio tra mente e corpo, corredato da architetture oniriche, fotografia magistrale e spazi sontuosi

Reduce dal Bifest, da un’ottima accoglienza sia di pubblico che di critica, abbiamo chiesto alla interessante regista qual’è il successo di Body Odyssey.

E molte altre cose.

roma Tricarico

GSS: Bari è stupenda ha un pubblico colto, appassionato che ha riempito teatri e masterclasses. Come ti ha accolto la Puglia?

GT: E’ andata bene con il pubblico e con la stampa. Bari ha abbracciato e compreso il film, la proiezione in sala è stata intensa, sentivo le giuste energie, sentivo che gli spettatori rispondevano, dialogavano con il film. Sono contenta.

GSS: Non solo baresi

GT: era un pubblico eterogeneo, anche molti stranieri. La puglia è ormai terra di cinema.

GSS: mi racconti la storia produttiva? Come hai coinvolto più paesi già in un’opera prima?

GT: A livello produttivo è stato un piccolo miracolo. Gestazione lunga, sofferta. Prima avevo fatto solo un corto Mona Blond.

Non mi riferisco all’aspetto artistico, perché ho vissuto l’intero processo con serenità, ma proprio alle sfide finanziarie e produttive. Penso che l’opera prima sia impegnativa per tutti i registi, ma lo è ancora di più quando ci si avventura in territori sconosciuti, quando si prova a raccontare una storia adottando un punto di vista non conforme agli standard di mercato. BO è un film che si assume molti rischi…

Inoltre, è stato girato in covid, con attori provenienti da diversi paesi Svezia, Inghilterra, Repubblica Ceca, Germania, Svizzera, Usa.. Con le restrizioni nei vari paesi che cambiavano continuamente è slittato un paio di volte…E non ci siamo fatti mancare altre sfortune. Ma siamo andati avanti determinati a concludere questa ‘odissea’, non solo corporea. Questo risultato è merito dell’amore che hanno dedicato al progetto tutte le persone coinvolte. Da Jay che è stata eroica, a Julian che ha sposato il progetto e se ne è preso cura senza mai abbandonarlo. Ma parlo anche di tutti i reparti di produzione e post – produzione.

Revok ha scelto e portato avanti il progetto coinvolgendo anche la Svizzera, nazionalità della protagonista, con Amka Film che è un ottima realtà.

Body Odyssey ha avuto la sua premiere a Tallin Black Night Film Festival. Poi ha iniziato un percorso tra cui il mercato di Berlino. E’ andato persino a un festival a Pune, in India, confermando che il suo linguaggio parla a culture diverse, in modo universale. La vendita poi la farà Intramovies.

Dal punto di vista produttivo sentivo fin da subito che doveva avere una natura ‘universale’. Ci voleva un livello estetico, di astrazione, di purezza. Abbiamo fatto diversi esperimenti sul linguaggio e sulla narrazione, ed è stata una gestazione lunga.

GSS: Il costo di Body Odyssey?

GT: circa 2 milioni.

body odyssey locandina

GSS: Volendo rientrare in binari inutili, Body Odyssey lo faresti appartenere più a un horror, a una storia d’amore verso il proprio corpo o a un thriller?

GT: Sicuramente c’è del body horror, il mostro è dentro. Si esplora il conflitto con se stessi e il film ha un approccio torbido, cupo, inquietante. Si, è una storia d’amore verso il proprio corpo e una forma di romanticismo c’è anche da parte di Corpo per Mona, le descrive i suoi paesaggi, si rivolge a lei con la poesia tentando ti ricollegarsi a ciò che di lei resta umano.

Thriller no, non direi, anche se ha una tensione forte.

L’amore per il suo corpo si manifesta anche attraverso il desiderio di Nick… E’ il ricordo del suo corpo perduto da adolescente, che non tornerà. Così come non tornerà la sua voce. La voce di Corpo ha una timbrica più androgena, perché Corpo rappresenta nel film il compimento della trasformazione, la simmetria perfetta a cui ambisce Mona. L’uso di alcuni anabolizzanti modifica il timbro della voce…lo raccontiamo nel film attraverso un vecchio video di lei da giovane.

GSS: Come è nato l’incontrò con il body building e comunque con Jay?

GT: Nel 2012 preparavo in una palestra una scena di combattimento tra due attori, come esercizio di scuola… la palestra era di un ex bb professionista, c’erano le foto di sua moglie in gara nella palestra, anche lei bodybuilder. Jay l’ho conosciuta in chat, online, fingendomi una novellina, ma è durato poco, perché non ne sapevo nulla di sport. Mi ero messa in testa questo film e volevo girare un corto per studiare il personaggio e il suo mondo. Jay ha una personalità affascinante, e ha rilanciato le mie curiosità… Siamo diventate amiche negli anni.

GSS: E il suo mutare cosi?

GT: L’amore per lo sport è iniziato da piccolissima con suo papà, che glielo ha trasmesso l’ha portata ad essere inizialmente campionessa di tiro con carabina, poi campionessa di thai box e jujutsu. Solo infine poi è passata al body building. Lei dice che si approda al Body Building. Ha sempre sentito la necessità di costruire un corpo bello e sano.

Body odyssey

GSS: stranissima virata. Ma le droghe nell’ambiente? Che idea ti sei fatta?

GT: In 10 anni di indagine nell’universo body building, mi sono posta spesso domande sul tema anabolizzanti. L’idea che mi sono fatta è che quando si crea una dipendenza da steroidi, il problema sta da un’altra parte. Il body builder professionista conduce una vita fatta delicati equilibri una vita fatta di diete, integratori, training, fisioterapia, massaggi, cura della pelle, pulizia degli organi interni, e gli anabolizzanti servono ai professionisti per attivare tutta una serie di reazioni fisiche. Loro sono praticamente degli scienziati nel controllo di tutto ciò che entra e esce dal corpo. Se si finisce per abusarne e diventarne dipendenti il problema è altrove. Non è il body building la causa ma la stabilità psicologica dell’atleta.

GSS: Il tuo Body Odyssey crea un vuoto, un corto circuito. Me lo spieghi? Sai che uno che lo vede cade dentro a un buco nero? L’avevi previsto o fatto apposta? Uno perde i riferimenti, i confini.

GT: Chi vede Body Odyssey perde i riferimenti. Erano esattamente le intenzioni. Volevo portare lo spettatore altrove. E che gli restassero dentro delle sensazioni, sensazioni che si traducono in domande, pensieri… I

l linguaggio di Body Odissey asseconda questa volontà in tutto e per tutto. E’ un film da sala. Volevo entrare nel corpo di Mona e scoprire i suoi misteri per restituire un’esperienza più che una storia. Fin dalla scrittura abbiamo lavorato a un meccanismo diverso da quello dell’empatia per la protagonista. Non è possibile riconoscersi nella vita e nel corpo di una bodybuilder e non era quello l’intento. Il corpo di Mona è un corpo assoluto, uno strumento per parlare del corpo di tutti e al corpo di tutti. Body Odyssey è più un film sensoriale, percettivo, immersivo… Ricerca un’ armonia di frequenze, composizione, luce, buio, ritmo… perché anche nel corpo dello spettatore deve accadere qualcosa di chimico durante la visione..una crescita.. una mutazione

GSS: Hai fatto una cosa molto originale come fossimo in tre D. Poi musica e suond design sono affascinanti, asciutti, psichedelici e ipnotici. Volevi mandare in trance gli spettatori? Come hai lavorato e con chi, così geniale?

GT: Si, una specie di trance. Il suono è di Eric Guerrino Nardin, ci siamo incontrati al Centro Sperimentale di Cinematografia (csc), e da allora abbiamo iniziato un discorso, una ricerca.
Il suono è un altro livello di scrittura… Spesso alcune scene o sequenze in scrittura me le suggerisce un suono. Anni prima di girare, Eric ha cominciato a registrare gli interni corpo dei suoi familiari e non solo, molti dei suoni distribuiti nel film sono suoni del corpo, ovviamente lavorati per l’occasione..

Volevamo rendere Corpo un personaggio del film non solo con la voce, ma con l’intera colonna sonora, e volevamo farlo dentro e fuori dal corpo di Mona. Cercavamo un equilibrio tra contenitore e contenuto anche sul suono.. E così anche le musiche di Lorenzo Tomio, il compositore, sono sempre e solo diegetiche, sono già mutate nella realtà di Mona…Niente temi o musica commento.. Abbiamo inserito una specie di voce che sembra umana, stridula o profondissima, distorta, inquietante che connette tutti brani.

In realtà è un daxophone, uno strumento inventato negli anni 80…E poi Lorenzo ha rivisitato in chiave Corpo, Un bel di vedremo di Puccini, un aria che amo molto e che è legata al film a vari livelli e in forme diverse.

GSS: Davvero i suoni hanno un effetto ipnotico. Adattati poi al visivo. Bingo! Come hai scelto e lavorato sugli ambienti anch’essi estremamente accoglienti? Parliamo della tua meravigliosa zona ginecologia?

GT: avevo con me Marinella Perrotta e il suo impavido reparto di scenografia. Non è semplice affrontare il surreale con pochissime risorse. Abbiamo girato quasi tutto in Lazio e in Svizzera, gli esterni al lago, il battesimo e la gara Old But Gold

Il film è ambientato in un nord generico, è un mondo astratto in cui convivono diverse etnie e accenti. Siamo nei luoghi del corpo di Mona, che è il nostro filtro visivo e sonoro.. Nel caso della ginecologa dovevamo entrare nell’utero di Mona. Cercavamo marmi, graniti, venature quindi arterie… In generale nelle locations cercavamo la sintesi delle forme che cerca anche Mona. La palestra è stata una grande sfida… non poteva essere una palestra convenzionale, doveva aderire al linguaggio del film, più di ogni altro ambiente… raccontare il corpo di questa statua, la Temple Gym doveva essere un luogo del mondo classico… un palazzo antico dove posizionare grandi macchine da training.

GSS: Lo stesso vale per la protagonista, Jacqueline Fuchks che è, a dir poco, duale. Una sorta di Giano bifronte. Sorprendente e bravissima. Anche lei un personaggio controverso. Come hai fatto a raccontarla così, innanzitutto a se stessa?

GT: Ho scritto questa storia con Marco Morana e Giulio Rizzo, il nostro rapporto umano e artistico è cresciuto negli anni insieme a Body Odyssey e non solo. Mona è entrata nelle nostre vite e noi nella sua. Quando ho incontrato Jay per raccontarle il film ci conoscevamo già da anni, lei non sapeva nulla della storia, è venuta a prendermi in aeroporto e guidando si lamentava con le sue gambe, parlava a loro come Mona parla a Corpo, si lamentava del dolore dopo una giornata di allenamenti. E’ stato emozionante, ma non le ho detto nulla. Il giorno successivo le ho raccontato il film e si è commossa….Anche se è una storia totalmente di finzione, lei rintraccia emozioni che ha vissuto in altre forme nella sua vita. E’ stata incredibile durante le riprese, è una persona dolce, determinata, con una grande stabilità interiore. La ammiro.

GSS: Quindi il film l’hai pensato su di lei. Lei è quindi la tua musa dell’idea? E il coach? Come è arrivato Sands?

GT: Il tema corpo mi affascina e ritorna in varie forme. Quella tematica c’è, profonda… Ma sicuramente l’incontro con Jay ha generato la scintilla di questa storia, la sua personalità, la sua vita, il suo corpo.

Un sogno avere Julian Sands nel ruolo di Kurt. Julian era un uomo di grande carisma, un attore con grande immaginazione, resterà con me per molto tempo… Abbiamo lavorato a un coach diverso dal classico punitore o motivatore. Kurt è tante cose..un Pigmalione, che ama e plasma la sua opera, guarda Mona pronto a scolpirla con vigore o a carezzarla dolcemente. Lei gli mette in mano la sua vita. E’ una relazione molto complessa la loro. Kurt è padre, è amante, è amico, è manipolatore, è carnefice. E’ uno sciamano che la induce in ipnosi durante il training, che spesso è più mentale che fisico.

GSS: Ma a te, ti fa un baffo Cronenberg? O un pò lo stimi? E Lynch?

GT: Eh si lo adoro. Il mio maestro. Vero, pensa che ho fatto proprio una tesi sul suo cinema simbolico. E poi Lynch, Jodorowsky, Billy Wilder e Luis Buñuel, con Un Chien Andalou. Ma anche Lanthimos.

GSS: E la locandina strepitosa di chi è? Intensa come quelle di Lanthimos.
GT: La lavorazione grafica è di Francesco Rita, che è anche un fumettista e un compositore. La scultura è di Tommaso Ragnisco, artista straordinario con il quale ci divertiamo a fare esperimenti, a giocare… è il mio contatto con la materia, argilla, plastilina, ma anche frutta, verdura e carni. Per Tommi si può scolpire con tutto. Con l’utero forzuto cercavamo la sintesi, un’immagine che restituisse il senso del film. Un oggetto d’arte, un organo da esporre in un museo..

GSS: nuovi progetti?

GT: Stiamo preparando un period movie, collocato a fine 1700, in Europa, interamente ambientato in un giardino, una sorta di gartenspiel, dal titolo The Ornament.

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Ecco la recensione di Body Odyssey al Bifest Gaia Serena Simionati