di Gaia Serena Simionati

Giorgio Morandi a Palazzo reale nella mostra “Morandi 1890 – 1964”

Kafka diceva che tutti gli errori umani sono frutto d’impazienza.

Quindi le poche ma intense pagine di Jaccottet sulla calma ossequiosa di Morandi, diventano un perfetto vademecum sull’artista.

Il poeta svizzero Philippe Jaccottet scrisse infatti La ciotola del pellegrino. Un’opera olistica fatta di poesia, un saggio sulla pittura di Giorgio Morandi e una meditazione sulla pazienza e la concentrazione, nell’arte così come nella vita.

E se è vero che la nostra è ahimè l’epoca della dispersione, dissipatezza, allora tali pagine possono anche essere interpretate come un invito a resistere allo spirito del tempo.

Così come lo sono le opere dell’artista bolognese, Giorgio Morandi, ormai divenuto icona mondiale di calma, cipria, polvere e sobrietà espressiva.

La mostra

La mostra, suddivisa in 34 sezioni, si apre con il 1913 e i capolavori d’avanguardia. in cui si rielaborano spazi cubisti. Si conclude nel 1963, con una pittura rarefatta e portata all’estremo della verosimiglianza formale, sintesi di uno scavo cinquantennale nella realtà.

Nel complesso godibile, per qualità, spiace scoprire un allestimento non curato. Da occhi attenti emergono infatti frequenti e grossolani buchi nei muri, mal coperti e sinceramente orribili in una proposta di quadri cosi importante.

“Ritengo che non vi sia nulla di più surreale, nulla di più astratto del reale”.    

L’intera esperienza morandiana si muove tra due poli. Un confronto precoce con le novità artistiche internazionali. La formulazione di un linguaggio capace di tradurre le inquietudini della modernità.

Era sua convinzione – dichiarava nel 1955 – che “le immagini e i sentimenti suscitati dal mondo visibile, che è un mondo formale”, siano “inesprimibili a parole”.

Il compito dell’arte è quindi quello di “far cadere quei diaframmi”, “quelle immagini convenzionali” che si frappongono tra l’artista e la realtà.

Il suo universo simbolico, costituito da oggetti tra i più comuni, li rendeva immunizzati dalla realtà e sospesi della loro funzione.

Già preparati da una sorta di “prima pittura”, con la polvere posata dal tempo, diviene pretesto per “far cadere” quel filtro e trasformare in astratto cristallizzato, la realtà.

giorgio Morandi
Ritratto di Giorgio Morandi

E quindi se le sue opere fossero musica, sarebbero le pause, i silenzi, dato che raccolgono la deprivazione del sé, la potenza della natura e degli oggetti. Egli li combinava, li truccava, li preparava, li rafforzava divenendo più che un pittore, un insegnante di yoga. O un regista immobile, fermo.

Infatti fu apprezzato da molti. Uno Ferzan Özpetek, ma anche molti altri registi, in grado di cogliere quella stessa visione tagliata. Una vista come da una finestrella, da un buco. La stessa da cui osservava il mondo, il ‘suo’ mondo cinematografico, attratto dai colori, dallo spazio, dalla luce.

Morandi

PALAZZO REALE APRE AL PUBBLICO LA MOSTRA “MORANDI 1890 – 1964”
 

A distanza di più di trent’anni dall’ultima rassegna, Milano dedica una grande mostra a Giorgio Morandi. Si celebra così il rapporto elettivo tra la città e il pittore bolognese. Vivevano infatti a Milano i primi grandi collezionisti di Morandi. Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Valdameri, De Angeli, Jesi, Jucker, Boschi Di Stefano, Vismara. Milanese era anche la Galleria del Milione, con la quale il pittore ebbe un rapporto privilegiato.

“Morandi 1890-1964” è, per l’estensione, (120 opere), una tra le più importanti e complete retrospettive sul pittore bolognese.

L’estero, i prestiti e il successo internazionale

Il consolidato apprezzamento della sua opera in prestigiose sedi internazionali: dal Metropolitan Museum (2008), al Pushkin (2017), al Guggenheim (2019), lo ha reso noto ovunque.
 
Un corpus espositivo di circa 120 opere ripercorre l’intera opera dell’artista bolognese.

Cinquant’anni di attività, dal 1913 al 1963. Prestiti eccezionali provengono da importanti istituzioni pubbliche e da prestigiose collezioni private. Il Museo Morandi, le raccolte milanesi. A queste si aggiungono il Mart di Rovereto, la GAM di Torino, Palazzo Pitti, il Museo del Novecento di Firenze, la Pinacoteca Nazionale di Siena. La Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale, la Fondazione Roberto Longhi di Firenze. E poi le Fondazioni: Magnani-Rocca, Domus di Verona, la Giorgio Cini e la Carraro di Venezia.

Tra i prestiti internazionali, i Musei Vaticani, il Musée Jenisch di Vevey e le collezioni pubbliche di Winterthur e Siegen. Tra i prestiti di enti pubblici, la Camera dei Deputati, l’Eni, Telecom e Rai.   
 
Il percorso espositivo segue un criterio cronologico. Alcuni accostamenti documentano l’evoluzione stilistica e il modus operandi del pittore. Variazione dei temi prescelti – natura morta, paesaggio, fiori e solo raramente figure – e delle tecniche: pittura, acquaforte e acquerello.   
 
A metà percorso, un’installazione video ripropone al visitatore la camera-studio di Via Fondazza a Bologna. Li Morandi visse e lavorò fino ai suoi ultimi giorni.  

Il dove, il come, il quando

Dal 5 ottobre al 4 febbraio 2024, al piano nobile di Palazzo Reale, la mostra “Morandi 1890 – 1964”.

Curata da Maria Cristina Bandera è promossa da Comune di Milano. Prodotta da Palazzo Reale, Civita Mostre e Musei e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Settore Musei Civici Bologna.

La mostra è realizzata grazie a Gruppo Unipol, main sponsor, e Bper banca, sponsor di mostra. 


palazzorealemilano.it | mostramorandi.it

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