Dal 12 al 14 gennaio, Elio Germano è in scena al Teatro Carcano. Qui si presenta il conturbante lavoro di e con Elio Germano e Teho Teardo, con la regia di Simone Ferrari e Lulu Helbaek.

Il canto XXXIII del Paradiso dantesco viene ‘illuminato’ con gli interventi stroboscopici e magnetici dei video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio
Un’esperienza quasi fisica. Come una masterclass di yoga. O un viaggio onirico nello stadio alfa. Una sublime meditazione trascendentale. Come la Rothko Chapel a Houston.
E che si potrebbe concludere, dopo lo spettacolo, con un viaggio astrale (o meno) a Parigi. Tutti a vedere la mostra di Marc Rothko e i suoi 110 capolavori alla Fondazione Louis Vuitton (in corso fino ad aprile)
Qui sul palco troviamo gli stessi colori Rothkiani. Palette cromatiche di armonie pallide, ben si sposano con le visioni di Germano che, non a caso, è nato lo stesso giorno. Il 25 settembre.

Tonalità luminosità e saturazioni sono ben architettate dai video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio. Essi accolgono, in un viaggio spirituale e visivo, lo spettatore inizialmente ignaro e lui stesso, parte del tutto e vettore verso il sublime.
Una regia che ricrea il cerchio cromatico di Itten, in una morbidezza di gialli aranciati e rosa pallidi, diviene incisiva, olistica. Ferrari e Helbaek sanno trasformare una noiosa rimembranza dantesca e liceale, in un aperto viaggio spaziale. Consapevole e intimo. A ridosso di DIO.
Elio Germano
La bravura tecnica, recitativa. Il sapore della sua voce. La naturalezza di Elio Germano, che ormai non ha eguali nel panorama attoriale italiano, così scarno, rende il viaggio e il suo microcosmo, non più solo culturale, di ascolto. Ma vera poesia visiva che innalza gli hertz dell’umanità.
Quindi in un’epoca così buia, spettrale essa ottiene anche il risultato di guarigione umana e proiezione mistica.
Dal suono avvincente ed “etterno” germoglia la musica inaudita e imprevedibile del compositore d’avanguardia.

Attraverso la voce melodica, accattivante di Germano e una guida ipnotica musicale, pigmentata, avvalorata da immagini sublimi, distoniche che traghettano altrove, si racconta la bellezza. Quella quasi divina. Si cerca di avvicinarsi al mistero, l’immenso, l’indicibile.
I due registi al Carcano
Quindi, ne scaturisce una regia visionaria e impalpabile. Infatti essa è fatta da poeti dello sguardo, capaci di muoversi tra cerimonie olimpiche, teatro e show. In più i due portano in sè sempre una stilla di magia del Cirque du Soleil.
Grazie alla loro esperienza crossmediale, accade qualcosa di magico, di inspiegabile, trascendendo qualsiasi concetto di teatro, concerto o rappresentazione dantesca. Ci si fonde attraverso una contaminazione di linguaggi tecnologici e teatrali.
Ebbene ecco il merito; che è anche uno spettacolo divulgativo, senza che niente vi sia spiegato.
La sinossi del canto XXXIII
Ecco Dante Alighieri, nel 33esimo canto del Paradiso. Come tale egli si trova nell’impaccio dell’essere umano che prova a descrivere l’immenso, l’indicibile, prova a raccontare l’irraccontabile. Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica, per lo spettatore al cospetto dell’immensità.
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